Di fronte a un’opera, tutto il repertorio del sapere scolastico non serve più a niente per un momento,
perché incontriamo assolutamente quella forma che muove qualcosa di noi senza che ne sappiamo nulla
(Denis Gaita, Il pensiero del cuore)
Il percorso di studi della scuola di musicoterapia di Assisi mi ha avvicinato al mondo delle emozioni da una prospettiva completamente diversa rispetto a quanto abbiano fatto gli studi musicali.
La composizione mi ha insegnato a vedere le emozioni come atmosfere sonore con cui stupire e catturare l’emozione dell’ascoltatore; con la musicoterapia ho imparato a vederle come un canale di relazione.
L’insieme di queste due competenze mi ha portato ad appassionarmi al pensiero che fosse possibile descrivere i diversi stati d’animo attraverso i parametri musicali.
Imparare a riconoscere lo stato emotivo di un paziente, in modo veloce e senza le influenze del proprio stato emotivo, sarebbe stato un notevole aiuto per migliorare la sintonizzazione e, attraverso questa, il percorso di avvicinamento al paziente.
I colloqui personali con i professori Suvini, Postacchini e Spaccazzocchi, i cui scritti hanno maggiormente stimolato questa curiosità, mi han convinto ad approfondire questo campo e ad utilizzarlo come argomento per questa tesi; approfondire il legame fra musica ed emozioni, per usare le parole dette dal Prof. Postacchini, costituisce “il senso stesso della musicoterapia”.
I primi studi si sono diretti verso i capisaldi del mondo emotivo in vari contesti da cui ho appreso che l’aspetto sonoro delle emozioni è stato quasi ignorato, mentre abbondano gli scritti sull’aspetto neurologico, psicologico, sociale e le espressioni facciali.
I dati che sono riuscito ad ottenere dalle varie letture sono stati la base dei miei primi interventi terapeutici con persone anziane, malate di alzheimer e portatori di disabilità gravi e gravissime, settori in cui il canale sonoro è spesso l’unica via di relazione.
In primo luogo ho cercato di leggere le manifestazioni sonore dei miei pazienti per iniziare un lavoro di sintonizzazione.
Il lavoro di ripetizione delle modalità espressive produceva una momentanea interruzione dell’attività sonora del paziente, da me interpretata in segno di ascolto e curiosità, a cui seguivano comportamenti diversi sia di apertura che di chiusura.
Successivamente ho cercato di modificare quegli stati emotivi definiti “ingestibili” dagli operatori del centro, per condurli verso altri più “socializzanti”. Ad esempio, da uno stato di rabbia ad uno di tranquillità, dalla tristezza alla gioia.
Non mi aspettavo risultati eclatanti ma devo dire che quelli ottenuti sono stati veramente deludenti.
L’utilizzo di strumenti vari e brani come People needs love, Killer queen oTitanic[i] hanno si animato qualcuno fino a farlo sorridere e perfino ballare, ma la maggior parte di loro sembrava non accorgersi nemmeno della musica; altri sembravano addirittura infastiditi. Anche coloro che inizialmente erano allegri, dopo qualche minuto han cominciato ad annoiarsi.
L’unico risultato palese è stata una maggiore attivazione motoria su brani “energetici”, anche se in modi diversi, e un calo di attivazione su brani meno “energetici”.
Le caratteristiche energetiche sembravano legate alla dinamica, al ritmo e al tempo, ma anche alla ricchezza di organico strumentale o di strumenti particolari.
Confrontandomi con alcuni colleghi ci siamo domandati se il problema fosse nei pazienti o nella teoria; pensando agli studiosi che le hanno sviluppate mi chiedo che tipo di “laboratorio” hanno creato? Che tipo di persone han cercato? Quali domande han fatto e come le hanno poste?
[i] Rispettivamente da :
Abba, Greatest hits, Universal Records, 2001
Queen, Sheer heart attack, Emi, 1974
De Gregori, La valigia dell’attore, Serraglio, 1997, Raccolta Live
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